LETTERA DI MATTEO RENZI AGLI ISCRITTI DEL PARTITO DEMOCRATICO
Scrivo
questa lettera a persone i cui indirizzi sono stati forniti dalla sede
nazionale del Partito Democratico. Mi scuso dunque se entro nelle
caselle di posta elettronica di persone che non sempre conosco. Vorrei
trasmettere però con forza, con grinta, con determinazione l'idea
dell'urgenza e della possibilità.
L'Italia deve cambiare.
Deve cambiare profondamente la burocrazia, la giustizia, il fisco, il sistema di scuola università ricerca.
Solo così cresceranno le occasioni di lavoro per i nostri giovani e per
chi è rimasto coinvolto – magari a cinquant'anni – in una delle tante
crisi aziendali in corso. E solo così torneremo a essere degni di noi
stessi. Perché la Costituzione dice che siamo una Repubblica democratica
fondata sul lavoro. Ma in questi anni l'hanno spesso avuta vinta quelli
che campano di rendita, non chi vive di lavoro.
L'Italia può cambiare.
Non è vero che siamo spacciati, che decidono tutto in Europa, che possiamo solo seguire la tecnocrazia.
Tocca a noi provarci. Tocca a noi cambiare verso. Tocca a noi:
straordinaria, angosciante, magnifica responsabilità. Il destino del
nostro Paese è nelle mani di chi legge questa lettera, di chi va a
votare, di chi fa delle proposte. Non tutto è spacciato, anzi. Dare
un'opportunità all'Italia dipende da noi.
Però servono idee chiare, servono donne e uomini capaci di realizzarle.
Serve la politica, insomma. In tanti dicono che dobbiamo diminuire il
tasso di politica. No. C'è bisogno di più politica. Più politica, ma
meno politici, meno costi e posti di un sistema che in questi anni ha
moltiplicato le poltrone ma ha diminuito i voti. Troppi cittadini sono
stanchi e purtroppo in Italia il primo partito è quello degli astenuti.
E servono i voti degli italiani: quei voti
che non abbiamo saputo prendere alle ultime elezioni. Tra di noi c'è chi
dice che è meglio perdere restando pochi, che vincere aprendosi e
convincendo gli altri: io credo che sia importante costruire un PD
capace di vincere e di convincere. Altrimenti non facciamo politica:
facciamo filosofia, sociologia, cultura ma non politica. Un Partito
corre per vincere, non per partecipare: noi puntiamo alle elezioni, non
alle Olimpiadi
Il Partito Democratico è oggi l'unica vera grande speranza perché questo cambiamento sia radicale, serio, profondo. Tocca a noi, nessuno si tiri indietro.
Se non lo facciamo noi, nessuno lo farà al posto nostro
Mi sono candidato perché
vorrei che questa comunità di donne e uomini, che questo popolo
sconfitto alle ultime elezioni, che questo gruppo di cittadini provasse
finalmente a vincere per cambiare finalmente l'Italia. Senza gli
intrighi del passato, dove quando abbiamo vinto abbiamo mandato a casa i
nostri leader. Senza l'esasperata guerra di correnti: giudichiamo le
persone sulla base delle loro idee, non della loro appartenenza a
singoli gruppi interni. Ho detto più volte che questo discorso vale
innanzitutto per chi si professa “renziano”: voglio che ci chiamiamo con
il nome proprio di persona, non con il cognome altrui di corrente.
Vengo dall'esperienza delle amministrazioni locali.
Ho fatto il Presidente della Provincia per cinque anni. Poi ho smesso,
perché ho detto che per me le Province andavano abolite. Ho vinto le
primarie nella mia città e sono diventato Sindaco a Firenze. Si può
essere d'accordo o meno sulle mie idee, ma considero un onore aver
realizzato ciò che avevo promesso, dal piano strutturale zero mattoni
alle pedonalizzazioni, dall'abbattimento delle liste d'attesa negli
asili nido fino all'aumento dei soldi per la scuola, dall'aumento della
differenziata fino al recupero di efficienza delle partecipate. Se
dovessi dirlo con uno slogan direi che la mia amministrazione ha
moltiplicato per due le biblioteche e ha diviso per due gli assessori:
in quattro anni infatti abbiamo raddoppiato i metri quadri e gli utenti
delle biblioteche e dimezzato il numero degli assessori previsti dallo
Statuto. Abbiamo venduto all'asta le auto blu e abbassato l'addizionale
Irpef. Sono piccole cose, lo so. Ma è solo per dire che ciò che ho
promesso, poi l'ho mantenuto. Mi hanno insegnato che quando ci si
candida oltre a dire: Io vorrei fare, bisogna anche dire: Io in questi
anni ho fatto.
Ho anche fatto tanti errori.
Penso che sia più bello sbagliare e ripartire che restare alla finestra
limitandosi a criticare gli altri. Ho conosciuto il sapore della
sconfitta, come lo scorso anno quando ho perso il ballottaggio delle
primarie contro Bersani: in quel caso ho rifiutato tutte le proposte di
premio di consolazione e sono rimasto al mio posto.
Oggi mi candido con una mozione titolata “L'Italia cambia verso”, che trovate sul sito www.matteorenzi.it
(su cui volendo potete anche darci un sostegno di idee e economico). Lì
ci sono le idee che vorremmo realizzare con il PD di domani. Per adesso
difendo ovunque, anche sulla stampa e in tv, il PD di oggi. Chi in
queste settimane spara nel mucchio dicendo che ci sono casi anomali nel
tesseramento dovrebbe fare i nomi e i cognomi delle singole località.
Altrimenti diamo l'impressione che 370 mila persone che vanno a votare
sono 370 mila imbroglioni. Non è così. Se ci sono imbroglioni, si
prendono e si cacciano. Ma non si fa di tutta l'erba un fascio. E io
difendo la dignità delle centinaia di migliaia di persone perbene che
vanno a votare al congresso prima (solo i tesserati) e alle primarie
dopo (tutti). Difendo in particolar modo la dignità di chi non vota per
me: così deve fare il responsabile di una comunità.
Se vi va, vi propongo di restare in contatto, creando un comitato o semplicemente mandandomi un email con idee e proposte (matteo@matteorenzi.it)
In ogni caso vi aspetto
nei seggi del partito, per gli iscritti, fino a domenica 17 novembre. E
aspetto tutti domenica 8 dicembre alle primarie. Molti ironizzano sul
fatto che noi facciamo le primarie, sui nostri confronti e talvolta
anche sui nostri scontri. Ma noi siamo gli unici in Italia che invitano
centinaia di migliaia di persone a uscire di casa e mettersi in gioco. A
provarci davvero. A essere cittadini, non solo utenti. Giochiamo a
carte scoperte, noi. Perché ce lo possiamo permettere: siamo un Partito
Democratico, di nome e di fatto.
Un sorriso,
Matteo